Continua il lunghissimo braccio di ferro tra il Presidente della Repubblica Turca Recep Tayyip Erdogan e l’Unione Europea. Un rapporto di convenienza, come hanno dimostrato i recenti accordi che finanzieranno la Turchia a patto che i profughi siriani rimangano sul loro territorio, che però non cessa di avere momenti di altissima problematicità.
L’ultimo, grande scontro, si sta avendo sulla questione visti per i cittadini turchi. Nonostante molti cittadini europei possano entrare in Turchia senza alcun tipo di visto, la cosa non è affatto reciproca: i cittadini turchi sono sottoposti a procedure di visto lunghe e tediose.
In cambio dell’aiuto con i profughi provenienti dalla Siria, EU e Erdogan si erano accordati per la rimozione, almeno temporanea, della necessità di visto per i cittadini turchi, accordo che però è scemato nelle scorse ore, facendo arrivare tutti di nuovo alle parole grosse.
Al centro del contendere ci sono infatti alcune norme sul terrorismo contenute all’interno del codice penale turco. L’UE avrebbe chiesto di ammorbidirle, in quanto spesso utilizzate come strumento di repressione della legittima lotta politica.
La Turchia, o meglio, il padre padrone Erdogan, ha invece risposto picche, dicendo di non poter prendere affatto lezioni da chi “fa accampare con le tende i terroristi fuori dal parlamento UE”, riferendosi ad una recente manifestazione dei cittadini curdi al di fuori delle strutture del Parlamento dell’Unione Europea.
“Se Europa e Turchia la pensano tanto diversamente, forse è giunto il momento che le strade si dividano”, ha tuonato Erdogan, facendo intendere che i mesi a venire potrebbero essere i più difficili per i rapporti tra i due paesi.
Una situazione particolarmente complicata, soprattutto alla luce della prossima riforma costituzionale, caldeggiata da Erdogan e dai suoi seguaci, che ha portato anche alle dimissioni del primo ministro Davutoglu. Per la Turchia dunque, un momento politicamente molto complicato, che si sta già ripercuotendo sul turismo: le prenotazioni sono circa la metà dell’anno scorso, anche in virtù della situazione complicata al confine.
Di normalizzazione, purtroppo, neanche l’ombra e la Turchia continua a pagare lo scotto di una crisi internazionale che, forse, poteva essere gestita molto, molto meglio.